L’editoriale redatto per noi da Alessandra Servidori, Componente Consiglio di Indirizzo CIPESS (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) del Presidente del Consiglio e del Governo che assicurerà anche l’armonizzazione della programmazione economica con gli obiettivi dell’agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile, affronta i cambiamenti epocali che ha avuto il mondo del lavoro in questi ultimi due anni influenzati dalla pandemia.
Un’analisi precisa e puntuale sugli aspetti principali che bisognerebbe avvalorare nel mondo del lavoro e prima ancora nella formazione dei potenziali candidati al fine di sostenere e rafforzare la ripresa economica. Il Lavoro deve tornare ad essere priorità e focus nell’agenda politica. Eccovi le sue parole:
Il mondo del lavoro: come é cambiato negli ultimi 2 anni? Ne parliamo con Servidori
“Il lavoro ha subito in questi 2 anni di pandemia dei cambiamenti epocali .Le aziende hanno ripreso ad assumere, con circa 560.0000 offerte nei primi sei mesi del 2021. Ma in quasi un terzo delle ricerche faticano o non riescono a trovare personale qualificato. E per 84.000 figure ad alta specializzazione, 1 caso su 6, non si presentano candidati. Tutte le professioni stanno rapidamente cambiando, a ritmi mai visti prima. La ripresa economica va sostenuta e rafforzata. Il lavoro deve tornare ad essere la priorità attraverso politiche attive che favoriscano la mobilità e la formazione continua.
Ora anche per colpevoli inerzie degli uffici per l’impiego naufragati completamente nonostante l’inserimento dei cd navigator con i quali il rapporto complicato con un meccanismo tortuoso dei destinatari del reddito di cittadinanza , non ha consentito di mettere in moto una ricerca virtuosa addirittura si è bloccato ancora prima dell’incontro con l’azienda.
Cambia il mondo del lavoro: la ricerca dei candidati passa per il web
Ora e sempre di più le offerte di lavoro sono concentrate sul web. Dal 2015 al marzo 2021 sono stati circa 2 milioni 650.000 le ricerche online su oltre una ventina di portali che aggregano annunci di lavoro in modo continuativo. Un’ analisi puntuale della Fondazione per la Sussidiarietà conferma ( se ce ne fosse bisogno) il divario geografico nella Penisola. Nel 2020 quasi tre quarti delle posizioni ricercate su Internet riguardavano posti al nord (74%), il 15% nel centro e solo l’11% nel sud e isole. In base all’esame delle aree su cui si focalizzeranno i maggiori investimenti pubblici, anche attraverso i fondi europei, i settori che dovrebbero creare nuovi posti di lavoro nei prossimi anni sono energia; infrastrutture di trasporto e soluzioni di mobilità sostenibile; ambiente; bioeconomia (agricoltura e pesca sostenibile); telecomunicazioni, tecnologie e servizi digitali; ricerca, sviluppo e innovazione; turismo; economia sociale (formazione, assistenza, cultura, sanità).
Da troppi anni il mercato del lavoro italiano, a causa di grandi difficoltà nel creare nuova occupazione e per la rigidità del sistema ha perso progressivamente terreno .Ci sono molte cause che concorrono a questo fenomeno strutturale. Da sempre l’Italia è il Paese europeo nel quale risulta più alto il tasso di disallineamento tra competenze delle persone e richieste delle imprese. E di conseguenza tra domanda e offerta di lavoro. Questo perché mancano totalmente gli anelli di congiunzione tra percorsi scolastici, orientamento, formazione professionale, avviamento al lavoro, incontro domanda e offerta. Restano mondi separati e il risultato è che le imprese non trovano personale e soprattutto le professionalità che cercano. O che si finisce per favorire l’irregolarità. L’impatto della crisi sull’occupazione è stato particolarmente grave, nonostante il ricorso massiccio agli ammortizzatori della CIG e il blocco dei licenziamenti Per la ripresa non bastano rimedi parziali.
Mondo del lavoro: serve un cambio strutturale, un’inversione di rotta
“Non basta riformare gli ammortizzatori sociali, come pure è necessario per garantire una rete adeguata di sicurezza a tutti i lavoratori qualunque sia il loro status contrattuale. Occorre un cambio di rotta che affronti le radici della nostra debolezza occupazionale con interventi strutturali che diano effettiva centralità al lavoro e alla sua qualità. Servono misure innovative e organiche di politica economica. In dieci anni, dal 2011 al 2020, in Italia il tasso di occupazione delle persone da 15 a 64 anni è salito di poco, passando dal 56,8% al 58,1% (fonte Eurostat). Nell’Unione Europea è invece cresciuto dal 63,4% al 67,6%. In Germania l’indice è balzato dal 72,7% al record del 76,2% a fine 2020. La Spagna è passata dal 58,0% al 60,9% e la Francia dal 63,9 al 65,3%.Nel 2020 solo 2 lavoratori su 100 hanno cambiato impiego, contro i 3 di Francia e Spagna e i 5 della Danimarca (fonte Eurostat).
Fra le maggiori economie europee, a fine 2020 l’Italia conservava il record di Neet, giovani che non studiano e non lavorano: circa il 23,3% (Eurostat). Quasi il doppio rispetto alla media europea (13,7%) e molto superiore a Germania (8,6%), Francia (14,0%) e Spagna (17,3%).La perdita di occupati determinata dalla crisi è stata di oltre 900mila unità poi piano piano abbiamo visto un moderato recupero. L’emergenza sanitaria ha penalizzato di più i settori dei servizi a prevalenza femminile e in prospettiva dalle analisi degli osservatori non mancano segnali positivi: è moderatamente aumentata la quota di imprese che hanno assunto nuovo personale e la modalità dello smart working ora, sotto lente di ingrandimento, segnala che a tutt’oggi la quota di lavoratori in lavoro agile si è assestata intorno al 30%.
È peraltro in atto una rivoluzione digitale che investe soprattutto il mondo del lavoro e il Governo ha un duplice compito: garantire infrastrutture digitali che forniscano alle imprese strumenti per essere competitive e favorire l’inclusione sociale, attraverso la creazione di competenze, preziose per le persone e per le aziende, privilegiando nella programmazione dell’uso delle risorse l’istruzione e la formazione. Il Governo deve costruire nuovi strumenti di protezione e di promozione della persona che lavora o cerca lavoro, affidare la regolazione lavoristica alla buona adattività delle relazioni industriali, combattere lo skill mismatch promuovendo la formazione come diritto soggettivo e varando un grande piano sulle competenze digitali. Fondamentale è rendere universali gli ammortizzatori sociali, collegandoli a una rete di politiche attive che tuteli ogni persona durante le transizioni occupazionali non lasciandola mai priva di riqualificazione, sostegno al reddito, orientamento nel sistema produttivo. La sussidiarietà della contrattazione, della bilateralità e delle agenzie del lavoro può dare un contributo formidabile a questo scopo.
Ci aspettiamo che il Governo riavvii l’assegno di ricollocazione, potenziando i centri per l’impiego attraverso le agenzie , rilanciando ITS, consolidando apprendistato e alternanza scuola-lavoro, esaltando i Fondi Interprofessionali soprattutto per potenziare la prevenzione e la sicurezza. L’urgenza di sbloccare gli investimenti per creare nuovo lavoro di qualità, stabile e ben contrattualizzato è fondamentale per l’utilizzo delle risorse del PNRR e l’implementazione delle riforme collegate: bisogna lavorare insieme , secondo uno spirito autentico di condivisione di un patto sociale come ha giustamente indicato il Presidente Draghi“.