Nel contesto delle pensioni, il pacchetto di misure che il governo adotterà con la prossima legge di Bilancio dovrebbe comportare una spesa nel 2024 notevolmente inferiore a un miliardo di euro, attualmente stimata tra i 700 e gli 800 milioni di euro. Questa decisione è in risposta all’allarme ripetuto sollevato dal Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, in merito alla sostenibilità del sistema pensionistico. Superare modesti aggiustamenti alle attuali normative costringerebbe il governo a trovare risorse attraverso ulteriori tagli all’adeguamento delle pensioni medio-alte all’inflazione, una soluzione che non è gradita a nessun membro della maggioranza, soprattutto in vista delle elezioni europee previste per la primavera. Di conseguenza, al momento, le opzioni in considerazione prevedono, oltre alla proroga della Quota 103, cioè la possibilità di andare in pensione anticipata con 62 anni di età e 41 anni di contributi, una serie di misure limitate volte a agevolare il pensionamento delle lavoratrici in condizioni svantaggiate e a sostenere la contribuzione dei giovani.
Pensioni 2024, niente Opzione donna costa troppo
Sul primo fronte, la questione principale riguarda il futuro di “Opzione donna”, il canale che permette alle lavoratrici di accedere in anticipo alla pensione. Questa opzione fu introdotta nel lontano 2004 durante il secondo governo Berlusconi, con il Ministro del Lavoro Roberto Maroni. L’idea alla base di questa misura era uno scambio equo: le donne potevano andare in pensione in anticipo, ma il loro assegno pensionistico sarebbe stato completamente calcolato con il sistema contributivo. Inizialmente, ciò significava una riduzione della pensione fino al 25-30% rispetto al calcolo misto. Negli anni successivi, poiché la quota calcolata con il sistema retributivo (basata sui versamenti precedenti al 1996) si è ridotta, la penalizzazione è diventata meno significativa, mentre il vantaggio di un pensionamento anticipato è rimasto.
L’anno scorso il governo ha introdotto requisiti molto più severi, causando un drastico calo delle richieste di pensionamento attraverso Opzione donna: da oltre 30.000 domande nel 2022, si è passati a solamente 2.152 domande presentate fino ad ora nel 2023.
Secondo una simulazione attualmente in discussione all’interno del governo, ripristinare “Opzione donna” nelle sue condizioni preesistenti al 2022, ossia senza restrizioni relative a categorie specifiche e senza il vincolo legato alla presenza di figli, ma aumentando di un anno i requisiti (59 anni d’età per le dipendenti e 60 per le lavoratrici autonome), comporterebbe una spesa di circa cento milioni di euro nel 2024 per coprire quasi 17.000 pensionamenti anticipati. Questo numero aumenterebbe progressivamente e raggiungerebbe quasi 29.000 pensionamenti nel 2026, con conseguente aumento dei costi a oltre 500 milioni di euro. Ecco perché chi è coinvolto nella discussione sul tema spiega che potrebbe essere più conveniente mantenere “Opzione donna” invariata e invece esplorare altre opzioni per sostenere le donne, come ad esempio l’implementazione di un’Ape sociale.
Riforma Pensioni 2024: cosa è in programma per i giovani?
Il governo sta considerando l’opportunità di inviare un segnale positivo anche ai giovani in materia previdenziale. Una delle proposte in esame è quella di consentire alle aziende, con gli adeguati incentivi, di coprire i cosiddetti “buchi previdenziali” dei loro dipendenti. Questi buchi si verificano a causa di periodi di discontinuità lavorativa dovuti a contratti precari e periodi di formazione. L’obiettivo di questa iniziativa è quello di consentire ai lavoratori di raggiungere i requisiti per la pensione in anticipo, contribuendo a chiudere queste lacune previdenziali.
Al momento la proposta sostenuta dai sindacati di ridurre la soglia del 2,8 sembra avere meno probabilità di essere adottata. L’obiettivo primario rimane il contenimento della spesa previdenziale.
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