Le scuole hanno riaperto da oltre un mese e anche se i contagi non sono esplosi come temevano i più pessimisti la situazione comunque non è semplice: dagli Stati Uniti all’Italia gli studenti sono tra le fasce in cui si individuano più casi. Ma la situazione varia da paese a paese e nel Regno Unito sembra già essere vicina al punto critico
Terminata la pausa estiva e finite le chiusure scattate a causa delle ondate pandemiche, le scuole hanno riaperto in gran parte d’Europa e nel resto del mondo. Mano a mano che arrivano i primi dati sulla situazione dei contagi al loro interno è possibile iniziare a farsi un’idea di quanto questa riapertura sia stata sicura. La prima cosa da dire è che grazie ai vaccini e ad altre misure non farmacologiche (come mascherine, distanziamento e ventilazione), il rientro in classe non è stato particolarmente agitato e in nessun paese le scuole hanno avuto la riapertura disastrosa che si poteva temere negli scenari più pessimistici.
Ma in molti paesi, tra cui l’Italia, i ragazzi in età scolare sono tra i più contagiati della popolazione, soprattutto se minori di 12 anni e quindi non ancora vaccinati (ma negli Stati Uniti presto si inizierà a vaccinare anche loro). Se queste infezioni avvengono tra le mura scolastiche o da altre parti, però, rimane difficile da dire. Nonostante l’importanza centrale delle scuole, i dati sulla situazione Covid al loro interno sono quasi ovunque parziali e incompleti.
Covid in Italia a Scuola: la situazione
Anche in Italia, come negli altri paesi, l’arrivo dell’autunno e l’apertura delle scuole hanno portato l’incidenza del contagio tra le persone in età scolastica a sopravanzare quelli in quasi tutte le altre fasce d’età. In Italia, la fascia d’età con maggiore incidenza Covid-19 è quella 6-10, con 80 casi ogni 100mila abitanti. Anche nella fascia 11-13 la cifra è più alta della media: 43 casi ogni centomila abitanti.
Complessivamente però i casi sono più bassi rispetto a Stati Uniti e Regno Unito e anche l’incidenza relativa dei contagi tra gli studenti non è particolarmente diversa da quella del resto della popolazione. Una delle ragioni è probabilmente che, come nelle scuole di New York, in Italia le mascherine sono ancora obbligatorie in quasi tutte le classi, eccetto quelle dell’infanzia.
Rimane però un tasto dolente. Anche quest’anno, come l’anno scorso, il ministero dell’Istruzione ha grosse difficoltà nel pubblicare i dati del monitoraggio che dovrebbe tenere conto del numero di classi e di istituti chiusi a causa del Covid-19, del numero di focolai e di studenti e personale scolastico contagiato. I dati, risulta a Domani, vengono raccolti, ma le difficoltà a consolidarli e analizzarli ne impediscono la pubblicazione.
Covid e scuole all’estero: i casi in Stati uniti e Regno unito
In quasi tutti gli stati americani, le scuole hanno riaperto da oltre un mese e mezzo. Nel paese, la fascia d’età 5-11 anni è la più contagiata insieme a quella 30-39, con 137,8 casi ogni 100mila abitanti. In quella 12-15 i casi sono 120,2 e in quella 16-17 124,5. La media nazionale è di circa 110 casi ogni 100mila abitanti.
Nel Regno Unito la situazione sembra al momento più complicata e le scuole sembrano in una situazione più difficile, molto più che in america. Il dato principale sui focolai scolastici diffuso ogni settimana dal governo riguarda la percentuale di assenze scolastiche dovute al Covid-19. L’ultimo rilevamento, mostra che il 3,6 per cento di tutti gli studenti britannici è al momento in quarantena per essere stato trovato positivo al Covid-19 (solo i positivi sono obbligati alla quarantena, il resto della classe può continuare a frequentare le lezioni). Si tratta in tutto di circa 260mila studenti.
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