Sul super green pass in questi giorni si sta dibattendo a lungo, vi sono due fazioni contrapposte quanti lo ritengono ingiusto e discriminatorio e quanti, invece, lo ritengono l’unico strumento da parte del Governo per convincere quello ‘zoccolo duro’ di cittadini che ancora non intende vaccinarsi.
Della questione nei giorni scorsi ne abbiamo discusso con l‘Avvocato Lorenzo Nannelli, oggi abbiamo il piacere di ospitare sul nostro portale il Dott. Claudio Maria Perfetto, economista ed esperto previdenziale. Dal suo elaborato ne esce una disamina interessante, in cui il focus pare spostato non tanto su favorevoli e contrari, ma sull’efficacia dello strumento stesso. Infatti per il Dott Perfetto il Super green pass in realtà non può che considerarsi una ‘doppia sconfitta: sia per chi lo impone, quanto per chi lo subisce‘, ragion per cui non vi sarebbero vinti e vincitori come in tanti sostengono.
Eccovi le sue considerazioni, che siamo certi, apriranno ad interessanti spunti di riflessione, ad esempio: Chi si é vaccinato, senza porre eccessiva resistenza, lo ha fatto per proteggere sé stesso e gli altri o per non essere recluso in casa e dunque mosso in realtà da ‘un desiderio che sgorga dall’egoismo piuttosto che dal senso di responsabilità sociale e civile’?
Super green pass: doppia sconfitta, per chi lo impone e per chi lo subisce
Così Perfetto: “Il super green pass (o “green pass rafforzato”), come oramai tutti sanno, è la certificazione verde Covid-19 che viene rilasciata a chi ha fatto la vaccinazione. Tale documento consente l’accesso a: luoghi di lavoro (per i lavoratori pubblici e privati); luoghi pubblici (bar, ristoranti, teatri, stadi, discoteche); mezzi di trasporto pubblico (aerei, taxi, treni, metro, tram).
Chi non ha ricevuto la vaccinazione ma esegue il tampone riceve il cosiddetto “green pass base”, che consente gli stessi accessi ai luoghi e ai servizi consentiti con il super green pass, ma con qualche restrizione nell’accesso a bar e ristoranti se il colore della zona passa da bianca o gialla ad arancione. Il green pass base non consente, invece, l’accesso a teatri, stadi e discoteche.
Chi non ha ricevuto la vaccinazione e non esegue il tampone non può ricevere il green pass: non può accedere al luogo di lavoro, non può frequentare luoghi pubblici al chiuso, non può utilizzare mezzi pubblici. Gli spostamenti con mezzo proprio sono consentiti in zona bianca o gialla, ma se il colore della zona passa ad arancione gli spostamenti sono consentiti verso altri comuni e regioni solo per lavoro o per necessità.
La linea di azione del Governo è chiara: imporre il green pass per evitare la diffusione del virus, forzando a vaccinarsi, soprattutto chi frequenta stadi e discoteche.
La linea di azione dei cittadini è altrettanto chiara: si preferisce subire il green pass (sia quello “base” che quello “rafforzato”) pur di frequentare stadi e discoteche, oppure per evitare di fare il tampone (che è pur sempre una spesa da sostenere) ogni qual volta per andare al lavoro.
L’azione del Governo nell’imporre il green pass ha prodotto gli esiti sperati (o comunque prevedibili): molti cittadini (si parla di circa 1 milione) sono corsi in questi ultimi giorni a vaccinarsi per avere il green pass.
Organi di stampa riportano che il Viminale ha espresso «profondo apprezzamento per la collaborazione degli italiani».
Il Viminale ha espresso «profondo apprezzamento per la collaborazione degli italiani», Perfetto: si tratta di collaborazione forzata
Non si può non cogliere nell’espressione del Viminale un che di falsità. Quale apprezzamento si potrebbe mai esprimere a fronte di una collaborazione forzata? Una collaborazione che avrebbe come alternativa la reclusione in casa, l’esclusione dal posto di lavoro, l’esclusione dalla vita sociale.
Pure nell’azione di milioni di italiani (e non solo dell’“ultimo milione”) quale espressione di consapevolezza sociale si può leggere nella loro decisione di vaccinarsi? Una decisione che non nasce dalla spontaneità, ma che viene imposta; che non nasce dalla consapevolezza di dover proteggere se stessi dagli altri e gli altri da se stessi, ma dal desiderio di non venire esclusi dalla vita sociale, un desiderio che sgorga dall’egoismo piuttosto che dal senso di responsabilità sociale e civile.
Super green pass: tre parole, due sconfitte! Sconfitta da parte del Governo che impone; sconfitta da parte dei cittadini che subiscono.
Si ricorderà che agli inizi di pandemia si è parlato molto di “immunità di gregge”, un meccanismo che serve per ridurre la circolazione e la trasmissione del virus. Si tratta di un meccanismo in base al quale quanto maggiore è la popolazione vaccinata, tanto più viene limitata la diffusione del virus, e quindi tanto più si protegge chi non può sottoporsi a vaccinazioni per particolari problemi di salute. Vista in questa ottica, si può interpretare la scelta di vaccinarsi come un’espressione di solidarietà sociale. Forse, è per questo che il professor Alberto Mantovani, immunologo, preferisce parlare di “immunità di comunità”, piuttosto che di “immunità di gregge”.
Immunità di gregge. Se i cittadini si comportassero come una comunità sociale, sarebbero loro a indirizzare il Governo nella buona direzione. Ma se i cittadini si comportano come un gregge che va in ordine sparso, allora è il pastore a indicare alle pecore la buona direzione verso cui andare. Il super green pass lo dimostra.
Ringraziamo il Dott. Claudio Maria Perfetto per questo interessante elaborato e ricordiamo a chiunque intendesse riprenderne parte che si tratta di un’esclusiva ed é dunque necessario citare la fonte.