Guardo fuori dalla finestra, nulla si muove, non c’è un filo di vento e le luci degli appartamenti dei palazzi adiacenti al mio scaldano l’atmosfera. Io, amante della notte in tutte le sue forme, chiuso in casa, mi sento un leone in gabbia.

Sono in cucina, la stanza polivalente della mia casa. In cucina faccio tutto, tranne che cucinare, quello no, mi fa schifo.

In cucina ricordo bevute infinite con amici fraterni, ricordo notti sfociate in passione con fiamme passeggere, ricordo notti in bianco con fiamme meno passeggere ma che sarebbe meglio non ricordare.

Seduto sulla mia sedia in ecopelle nera, appoggiato con i gomiti al tavolo in vetro mentre mi sto sforzando di riempire quella pagina bianca che ho davanti.

In testa ho idee a profusione in realtà, poi però, appena prendo la penna in mano come per magia mi si annebbia la mente.

Allora poso la penna, prendo il bicchiere, butto giù due golate di rhum ed accendo una sigaretta. Sto ripetendo ciclicamente il tutto da qualche sera a questa parte ormai, ed il foglio, alla fine, resta sempre bianco.

D’un tratto un guizzo di vitalità nel cumulo di apatia che mi avvolge da tempo, decido di uscire, ho bisogno d’aria. Indosso al volo una tuta nera, berretto in lana nero e un piumino nero, sembra che stia andando a fare una rapina.

Quando mi accorgo del look un po’ ambiguo però non ho più voglia di cambiarmi, tanto, in teoria, non dovrei incontrare nessuno. Salto in macchina, pregando non mi fermi qualche pattuglia, mi dirigo verso la “mia” spiaggia.

La “mia” spiaggia è uno dei luoghi sacri della mia vita, ovviamente non è mia realmente ma io la sento così. In quel luogo ho vissuto tante di quelle emozioni che per elencarle tutte ci vorrebbe un’enciclopedia.

Quella spiaggia, nel corso degli anni è diventata il mio luogo di culto, il mio angolo di mondo dove star bene anche quando proprio bene bene non sto. Sapientemente ho portato con me due birre, che va bene la contemplazione dell’orizzonte, ma è altrettanto opportuno che l’alcol continui a mantenersi vivo nel sangue.

Dopo dieci minuti scarsi di auto arrivo. Bella come non mai, soprattutto di notte, quando l’acqua sembra cristallina e non pregna d’olio e combustibile navale, quando i ciotoli che compongono il litorale sembrano argentei e non zozzi ed amalgamati alla sabbia del cantiere adiacente.

Insomma, la notte rende tutto più bello, per questo ne sono follemente innamorato. La notte riesce a rendere bella anche un sottospecie di spiaggia in centro città a due chilometri dal porto.

Nella “mia” spiaggia c’è anche il “mio” luogo preferito, nulla è lasciato al caso. Mi arrampico sugli scogli per arrivarci, ormai so a memoria dove e come mettere i piedi per salire più agevolmente. Faccio tutto di fretta stavolta, ho voglia e bisogno di sentirmi a casa.

Ma c’è un problema. Vedo una persona, seduta nel mio scoglio, nella nicchia dove io da vent’anni a questa parte vengo a trovare un po’ di pace. L’istinto è di bestemmiare, forse me ne scappano un paio, inconsapevolmente.

Nel silenzio la mia voce arriva alla persona lì seduta, che si volta di scatto e mi fissa preoccupata. Saremo distanti una decina di metri, io sono vestito come un rapinatore, ho due bottiglie di vetro in mano, sono alto più di un metro e novanta per cento chili e quella di fronte a me sembra una ragazza gracile e “pulita”.

Più mi avvicino e più vedo nei suoi occhi preoccupazione ed un pizzico di paura. Vedendomi arrivare così conciato, di notte, in un luogo isolato, mi preoccuperei anche io sinceramente.

“Vengo in pace!” esclamo, prima di farla morire di crepacuore. Nel frattempo mi avvicino e mi siedo accanto a lei, tolgo il cappello e le sorrido. “Non volevo spaventarti, scusami, questo è il mio angolo di pace nel mondo, sono venuto a prendere una boccata d’aria, non pensavo di trovare qualcuno” La ragazza inizia a riprendere colorito, avrà circa venticinque anni, bionda, occhi chiari e luminosi. Tutto sommato non mi dispiace averla trovata qui.

“Piacere, io sono Matteo” aggiungo. Lei continua a fissarmi senza proferire parola. Mi sta scrutando e mi sento brutto come mai prima d’ora, lei invece è parecchio bella, più la guardo e più scorgo particolari interessanti nel suo viso.

“Piacere mio, io sono Melissa” esordisce finalmente lei, arrossendo palesemente in viso. “Come mai qua?” chiedo. “Per lo stesso motivo per il quale sei qua tu, forse” risponde sorridendo. “Ah sei anche tu una scrittrice alcolizzata che non riesce a trovare l’ispirazione stando chiusa in cucina davanti ad un rhum, ad un foglio bianco ed a mille sigarette?”

Momento di imbarazzo. “Dai sto scherzando Melì” anche se in realtà nemmeno troppo. Stappo, una birra, gliela porgo. Poi stappo la seconda e butto giù un’ampia sorsata.

Iniziamo a parlare di noi, di vita vissuta, di sogni, speranze, problemi, di tutto ciò che ci ha spinto quella sera ad evadere dal mondo per rintanarci su uno scomodo scoglio in un freddo febbraio.

Sorrido spesso, lei ricambia, mi racconta di un amore finito male e dei fallimenti nel suo lavoro. Io le parlo di me, dei miei sogni, delle mie speranze e di quante volte la vita si è divertita a prendermi per il culo.

Il tempo scorre rapido mentre in una sera, che ormai s’è fatta notte, io e la mia nuova amica stiamo bruciando qualsiasi tappa della conoscenza. Fra una sigaretta e l’altra non ci sono momenti di silenzio, solo parole, sguardi, battiti di cuore che lanciano segnali al mio cervello.

Capita anche che nell’enfasi dei racconti fra un gesto ed un altro ci si sfiori la mano. Non saprei dire se lo facesse apposta anche lei o meno, ma a me quel contatto non dispiaceva affatto, anzi. All’ennesimo rintocco delle campane di una chiesa adiacente, ci accorgiamo che si son fatte le tre.

“Dove vorresti essere ora?” le chiedo. “Esattamente dove mi trovo adesso” risponde ammiccando ed avvicinandosi sempre più. Nella mia testa una voce perpetua mi ordinava di baciarla, ma il corpo sembrava non rispondere ai chiari input del cervello.

Rimasi qualche secondo in silenzio a guardarla, mi sembrava di conoscerla da una vita ed invece erano solo poche ore. Mi affascinava il suo sguardo, le sue labbra erano un richiamo fortissimo e le sue parole, nel contesto in cui ci trovavamo, suonavano stranamente come profumo di casa.

Poco prima che potessi rendermi conto che la stavo fissando con faccia da ebete, Melissa mi prende la mano, mi tira a sè e mi bacia. Il bacio è solo la scintilla che da il via alla passione, in un attimo ci strappiamo i vestiti di dosso, fa un freddo cane ma ne io ne lei lo sentiamo. Sale sopra di me, iniziamo a fare l’amore come nei film, fra un bacio, parole appena sussurrate e gemiti di piacere, con la luna ad illuminarci ed il suono del mare ad accompagnare la nostra melodia.

“Sento già di amarti” mi dice mentre fa su e giù ondeggiando quell’esile corpicino ornato da due seni graziosi e perfettamente proporzionati. Il suo sguardo è denso di passione, la sua voce è piena di desiderio, non riesco a smettere di fissarla mentre attimo dopo attimo mi avvicino sempre più all’orgasmo.

“Voglio stare con te, davvero” le sussuro. “Lo voglio anche io, stanotte è stata forse la più bella della mia vita” Le campane emettono rintocchi di festa, scandendo il tempo dei nostri baci. Continuano a suonare, incessantemente, fastidiosamente.

“Dove sei stato fino ad oggi? Perché non ti ho conosciuto prima?” Mi sussurra all’orecchio mentre con le unghie mi graffia la schiena.

Ma le campane incedono nel loro frastuono. Chiudo gli occhi qualche secondo sperando che i rintocchi terminino il prima possibile.

Quando li riapro sono in cucina, la bottiglia di rhum è terminata, il posacenere sta straripando, sono le cinque del mattino. Il foglio è finalmente pieno, il mio cuore è un po’ più vuoto.

Rileggo il mio racconto, sento le sue mani accarezzare le mie, ho gli occhi affaticati e lucidi, vado a dormire provando nostalgia per una notte che non ho mai vissuto. Buonanotte anche a te Melì.

Di M.B. writer

M.B.writer, pseudonimo di Matteo Bosio, nasce a Genova il 30 luglio del 1988, dopo anni di carriera manageriale nel settore della grande distribuzione ad oggi si dedica all’attività imprenditoriale. Appassionato da sempre di scrittura riempie sin dall’età adolescenziale decine di quaderni con i suoi scritti, condividendoli inizialmente -per paura di eventuali giudizi negativi- solo gli amici più stretti. Circa tre anni fa esortato da coloro che avevano letto alcuni suoi racconti trova il coraggio di mettersi in gioco, esponendosi alla critica del pubblico aprendo una pagina Facebook ( M.B.writer), nei suoi brani parla d’amore in tutte le sue forme, partendo da quello verso sé stessi, all’amore verso una donna fino all’amore per la vita. Il linguaggio usato è diretto ma non banale, non mancano in alcuni brani riferimenti alla mitologia o alla letteratura antica. Si districa in egual modo fra poesia e prosa riuscendo nell’intento di far immedesimare il lettore nei panni dei protagonisti dei suoi racconti. Ad oggi gli iscritti alla pagina sono oltre 31.000 ed il numero è in costante ascesa, inoltre è in uscita il suo primo libro “Cento battiti del mio cuore – storie di un romantico disilluso” ed un secondo racconto, del quale non sono noti ancora ulteriori dettagli è in fase di ultimazione.