“Ciao!” Aveva scritto e cancellato almeno otto volte ed un semplice “ciao” le era sembrata la formula più giusta per rispondere a quel whatsapp di Roberto. Non voleva sembrare troppo distaccata, ma nemmeno lasciare che potesse pensare che fosse lì ad attendere quel whatsapp da tre anni. “Come stai?” gli scrisse subito, sperando che questo interessamento fosse percepito come reale e non una semplice forma di cortesia.
La risposta non si fece attendere ed una faccina sorridente comparve sulla chat. “Ci speravo mi rispondessi. Sto bene, sono qui a Torino per qualche giorno. Tu come stai?”
“Anch’io bene, grazie”.
“Se ti va, oggi pomeriggio, potremmo fare due passi, che ne dici?”
“Mah, esco dal lavoro alle 17, non saprei.”
“È l’orario perfetto per andare incontro ad un aperitivo” questa volta la faccina faceva un occhiolino che però non aveva nulla di malizioso.
“Dovrò andare a casa a lavarmi, cambiarmi, insomma, rendermi un pò presentabile.. non so.”
“Due passi ed uno spritz.. dai!” .
Lasciò cadere quell’ultimo messaggio nel vuoto e si immerse nel lavoro che le avrebbe occupato il tempo tutta la mattina.
Ma la testa no, quella era contesa dal pensiero di quei due ultimi messaggi: quello di Roberto da una parte arrivato come un fulmine a ciel sereno, e quello di lui dall’altra, che aveva riempito quei giorni estivi di attenzioni, parole e prospettive, ma che ora vacillava davanti alle sue insicurezze.
Passarono lente le ore, fino alla pausa durante la quale sperava di riuscire a superare la tentazione di tirar fuori il cellulare dalla tasca. Lo estrasse un paio di volte, ma si sforzò di riporlo in fondo allo stanzino della mente insieme ai perché e ai chissà.
Alle 17 in punto lasciò lo stabilimento. Si rifugiò in auto e si avvolse del silenzio esterno che contrastava con il gran casino che vorticava nella testa.
Accese il motore ed alzò il volume della radio che stava passando un pezzo di Fabrizio Moro: “Posso fare a meno di sapere Perché spesso preferisco immaginare Ma che dire, che fare Quando io, io non posso fare a meno di te Che sei l’infinito tra i miei desideri…” cominciò a cantarla silenziosamente, ma le ultime parole no, quelle erano la risposta alle sue domande, la soluzione ai suoi tormenti, “il senso di ogni cosa”, esattamente come il titolo di quella che in quel momento le apparve come una meravigliosa canzone.
Afferrò il cellulare e scrisse poche semplici parole: io ci sono, e tu?
Pochi secondi, ma fatali.
L’auto urtò il paletto fissato al bordo della strada e sterzò bruscamente sul lato opposto. I suoi occhi si spalancarono, le mani strinsero forte il volante e dalla gola un grido si strozzò esattamente nel momento in cui si spense la luce. E fu buio.
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