Io ci sono, e tu?”

Lesse quel messaggio e stranamente non si aprì il sorriso che si sarebbe aspettato. Apparve una strana smorfia sulle sue labbra, non di fastidio, ma si sentiva come un pugile messo alle corde che, guardia alzata, vorrebbe schivare i colpi inferti dal suo avversario. Ripose per un attimo il telefono in tasca e si accese la Camel inspirando una profonda boccata. Gettò quasi subito la sigaretta e riprese in mano il cellulare e aprì la app.

“Io non so se ci sono. E non so se ci sarò o se ci sarò mai. Scusa.”

Ma non sapeva realmente perché le avesse chiesto scusa. Forse perché presuntuosamente pensava che avrebbe sofferto e questo non lo voleva. Inviò il whatsapp, ma non si accorse che non era stato ricevuto. Si immerse nella musica e dai suoi auricolari uscirono le parole di “Rimmel”. Solo De Gregori avrebbe potuto cantare così bene il suo dolore. Pensava di avercela fatta, di aver superato le sue fragilità ed aver sconfitto i fantasmi del passato, quella sofferenza che lacera lo stomaco e fa perdere la fiducia nell’Amore. Quello con la A maiuscola. Aveva sperato che Lei potesse essere la sua ancora di salvezza, quel porto sicuro nella tempesta dei suoi sentimenti e che avrebbe potuto imparare ad amare di nuovo. Si distese sul letto sfatto e chiuse gli occhi. Voleva allontanare il suo pensiero ed allontanarsi da sé stesso.

Roberto attese qualche minuto fissando lo schermo del suo iPhone come ipnotizzato. Nessuna notifica, nessun messaggio. Passò l’intero pomeriggio nella speranza che lei si facesse viva, anche solo per dirgli di no, che non ci sarebbe stata, che quel caffè o quella passeggiata non avrebbe voluto farla. Ed invece il nulla.

Si fecero le 18, afferrò le chiavi della Mercedes presa a noleggio per quei pochi giorni di permanenza torinese e si diresse verso il centro.

Si fermò in un locale di Piazza Vittorio, si sedette ad un tavolino da dove poteva godere della vista di tutta la piazza e, sullo sfondo, della chiesa della Gran Madre incorniciata dalle verdi colline della Torino benestante. Ordinò un prosecco e guardò per l’ennesima volta lo schermo del cellulare, sperando di trovare un suo messaggio.

Decise allora di scriverle usando inconsapevolmente le sue stesse parole: “Io sono qua, e tu?” Sì scattò uno foto con il bicchiere in mano e la inviò. Si accorse dopo qualche minuto che quel messaggio non fu ricevuto. Aspettò ancora qualche istante, poi decise di chiamarla. “Siamo spiacenti il cliente da lei chiamato non…” chiuse la chiamata prima che la voce automatica completasse il messaggio. Bevve, lasciò i soldi del conto e si incamminò, solitario, verso Piazza Castello in quella che sarebbe stata l’ultima passeggiata torinese.

Di Erica Venditti

Erica Venditti, Classe 1981, giornalista pubblicista dal 2015. Ho conseguito in aprile 2012 il titolo di Dottore di Ricerca in Ricerca Sociale Comparata presso l’Università degli studi di Torino. Sono cofondatrice del sito internet www.pensionipertutti.it sul quale mi occupo quotidianamente di previdenza.